Quello sportivo
Lo sport è scuola di vita. Soprattutto a Centro.
IL PERCORSO [DI] VITA
Da venerdì 20 aprile 2018 è aperto il Percorso [di] vita, installato nella pineta del Centro salesiano, grazie al contributo e all'aiuto del club Garbagnate-Groane del Rotary.
E' possibile accedervi il sabato e la domenica, dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17, registrrandosi presso la portineria del Centro salesiano di via don Della Torre 2. Per accedervi in altri momenti della settimana è possibile prenotarsi telefonando allo 02.937721 oppure inviando un'email a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. .
Qui sopra è anche possibile scaricare, in formato pdf, una scheda che illustra le possibili applicazioni didattiche del Percorso [di] vita, a disposizione delle classi scoalstiche e dei gruppi che intendono usufruire di questa opportunità.
Si tratta di un classico "percorso vita", ovvero in un circuito in dieci tappe, attrezzato per lo svolgimento di diverse attività motorie ed esercizi ginnici sviluppato all’interno della nostra pineta, rimessa in ordine e dunque selvaggia e curata al tempo stesso.
Ogni "tappa" è associata a un testimone di vita, uno sportivo che ha saputo cona la sua attivtà (sportiva ma non solo) insegnare valori importanti: da Pietro Mennea a Pierre de Coubertin, da Marco Simocelli a Muhaammd Alì. Qui sotto le biografie dei dieci testimoni.
Tutte le attrezzature che compongono il Percorso [di] vita sono state realizzate nei laboratori del nostro centro di formazione professionale del Cnos-fap di Arese.
WALTER BONATTI
WALTER BONATTI
(Bergamo, 22/06/1930 – Roma, 13/09/2011)
SPORT: ALPINISMO
VALORE: LIBERTA’ INTERIORE
Notizie biografiche (Testo tratto da http://biografieonline.it/biografia-walter-bonatti)
Dopo avere iniziato la pratica sportiva come ginnasta per la Forti e Liberi, società monzese, a soli diciotto anni compie le prime scalate sulle Prealpi lombarde. In quegli anni lavora come operaio siderurgico alla Falck di Sesto San Giovanni, dedicandosi alla montagna solo di domenica, dopo aver svolto il turno di notte del sabato. Nel 1949 copre, tra l'altro, la via di Cassin sulla parete nord delle Grandes Jorasses, e la via di Vitale Bramane e Ettore Castiglioni sul Pizzo Badile. L'anno successivo tenta di aprire la parete est del Grand Capucin, nel gruppo del Monte Bianco: l'impresa, tuttavia, fallisce due volte a causa delle cattive condizioni climatiche. Ci riprova, comunque, nel 1951, quando scala la parete di granito rosso e, per la prima volta, apre una via. I festeggiamenti che seguono al successo, però, vengono funestati dalla notizia della morte della mamma di Walter, Agostina, il cui cuore non cede a una gioia tanto grande. Dopo aver scalato l'Aiguille Noire de Peuterey insieme con Roberto Bignami, Walter Bonatti viene richiamato alle armi: lamentatosi della collocazione alla Scuola Motorizzazione della Cecchignola, viene assegnato al 6° Reggimento Alpini. Più tardi, lo scalatore lombardo compie la prima invernale, con Carlo Mauri, della parete nord della Cima Ovest di Lavaredo; raggiunge la vetta del Cervino e, nei mesi successivi, compie compie altre due nuove prime ascese: sul Picco Luigi Amedeo e sul Torrione di Zocca in Val Masino. Poco prima di ottenere il brevetto di guida alpina nel 1954, scala per il canalone nord del Colle del Peuterey il Monte Bianco. Bonatti partecipa, quindi, alla spedizione italiana di Ardito Desio, Lino Lacedelli e Achille Compagnoni sul K2. L'evento, tuttavia, si rivela una delusione per Bonatti, a causa dell'atteggiamento tenuto dai suoi compagni di viaggio: egli, infatti, si ritrova insieme con Amir Mahdi a dover passare una notte all'addiaccio, con temperature fino a cinquanta gradi sotto zero, senza sacco a pelo o tenda. Il bergamasco, in particolare, rimane colpito dall'atteggiamento di Desio, capo spedizione, che in seguito non avrà mai il coraggio di approfondire le motivazioni dell'accaduto; Walter Bonatti, a sua volta, diffonderà la propria versione dei fatti unicamente all'inizio degli anni Sessanta, a causa di un contratto firmato prima della partenza in cui accettava di non parlare della spedizione negli anni successivi alla stessa. Nel 1955, Bonatti scala il pilastro sud-ovest del Petit Dru (Monte Bianco) in solitaria, rimanendo per sei giorni in parete; si tratta di una delle pareti più difficili del pianeta, liscia, liscissima, totalmente di granito e infine appuntitissima; Bonatti per salire può e deve sfruttare solo le fessure naturali della roccia; compie un'impresa incredibile che nessuno mai sarà capace di ripetere. Tale impresa rappresenta di fatto il suo riscatto per la delusione subìta con la scalata del K2. L'anno successivo tenta l'ascensione invernale della Via della Poire insieme con l'amico Silvano Gheser: sorpresi da una tempesta, i due vengono salvati dalle guide alpine Sergio Viotto, Gigi Panei, Albino Pennard e Cesare Gex, al Rifugio Gonella. Stabilitosi a Coumayeur, in Valle d'Aosta, per ritrovare la salute dopo le disavventure con Gheser, Bonatti sceglie - una volta ristabilitosi - di scalare la parete nord del Grand Pilier d'Angle, l'ultima vergine del Monte Bianco: lo farà per tre volte nel giro di pochi anni. Nel frattempo, nel 1958 si reca in Argentina, per prendere parte a una spedizione in Patagonia organizzata da Folco Doro Altan allo scopo di arrivare in cima al Cerro Torre, ancora inviolato. Pochi mesi dopo si sposta, invece, nel Karakorum, regione himalayana, per una spedizione guidata da Riccardo Cassin: il 6 agosto del 1958 raggiunge la cima (poco meno di 8mila metri) del Gasherbrum IV, senza bombole di ossigeno, insieme con Carlo Mauri. Negli anni successivi, mentre il suo rapporto con il Cai si deteriora sempre di più (egli ritiene l'organizzazione eccessivamente burocratica), effettua scalate in Italia, Francia e Perù. Nel 1961 lo scalatore bergamasco prova a giungere in cima al Pilone Centrale del Freney, mai domato prima: una tormenta di neve lo blocca a meno di cento metri dal termine, e ben
quattro suoi compagni di cordata trovano la morte. Nell'agosto del 1964, invece, per la prima volta scala la parete nord della Punta Whymper, una delle Grandes Jorasses; poco dopo conclude la propria carriera sulle Alpi aprendo una via in solitaria invernale in soli cinque giorni sulla parete nord del Cervino: con una sola impresa, quindi, riesce a compiere la prima ascesa della parete in solitaria, ad aprire una nuova via e a compiere la prima ascesa invernale. L'exploit sul Cervino gli permette di ottenere dalla Presidenza della Repubblica una Medaglia d'Oro. Ritiratosi dall'alpinismo estremo, Walter Bonatti si dedica all'esplorazione e al giornalismo. Viaggia, tra l'altro, in Africa (in Tanzania sale sul Kilimangiaro), entrando in contatto, sull'Alto Orinoco, con gli indigeni dei waikas yanoami. Quindi, alla fine degli anni Sessanta, vola nell'isola di Sumatra, intenzionato a studiare da vicino il comportamento della tigre locale; poco dopo visita, invece, le Marchesi, comprovando la veridicità dei racconti di Melville nella giungla. Dopo aver viaggiato in solitaria a Capo Horn e in Australia, negli anni Settanta viaggia in Africa, tra lo Zaire e il Congo, prima di recarsi tra i Dani in Nuova Guinea e addirittura in Antartide, dove ha la possibilità di esplorare le Valli Secche. Dopo aver visitato le sorgenti del Rio delle Amazzoni, Bonatti conosce a Roma l'attrice Rossana Podestà: dopo un lungo rapporto epistolare, i due si innamorano e vanno a vivere insieme a Dubino, in Valtellina. Nel 2011 a Walter viene diagnosticato un tumore al pancreas: la compagna, tuttavia, gli tiene nascosta la notizia, per paura che egli possa decidere di suicidarsi. Walter Bonatti muore a Roma il 13 settembre del 2011 all'età di 81 anni: i suoi funerali si svolgono il 18 settembre a Villa Gomes, a Lecco, prima che il cadavere venga cremato, e le ceneri tumulate nel cimitero di Porto Venere. Prima di morire, nel 2008, gli viene data ragione e stilata una nuova e definitiva versione della vicenda del K2, evento per il quale Bonatti combatté per tutta la vita per far emergere le verità, il cui punto principale era costituito dal raggiungimento della vetta di Compagnoni e Lacedelli senza ossigeno; fu invece Bonatti a portare l'ossigeno ai due, fornendo il fondamentale ausilio per la conquista italiana della vetta, fino ad allora inviolata.
Aforismi:
“Io chiedo a una scalata non solamente le difficoltà ma una bellezza di linee.”
“La realtà è il cinque per cento della vita. L'uomo deve sognare per salvarsi. “
“Le montagne – come lo sport, il lavoro e l'arte – dovrebbero servire solo come mezzo per far crescere l'uomo che è in noi. “
“[Parlando di sé stesso] Un uomo che si visse fino in fondo.”
“Non m'interessa parlare della notte che cambiò la vita, che ha reso il mio carattere per sempre sospettoso e diffidente. Avevo visto la durezza della guerra. Il giorno prima con i miei amici, partigiani, giocavamo a calcio, il giorno dopo erano nella chiesetta, cadaveri, sfigurati in viso dagli scarponi chiodati. Ho visto la fucilazione dei gerarchi fascisti, ero a piazzale Loreto quando appesero Mussolini a testa in giù come un maiale, sapevo cos'era la cattiveria, ma ignoravo l'infamia. Ho aspettato due mesi che Compagnoni venisse a darmi una pacca sulla schiena, a dirmi che aveva fatto una fesseria, a chiedere scusa, perché può capitare di essere vigliacchi, ma deve anche capitare di ammetterlo. Invece niente, invece sono finito sul banco degli accusati, ero io la carogna, non loro che avevano mentito sull'uso delle bombole, delle maschere, sull'orario del balzo finale alla vetta. Nella relazione ufficiale di Desio che il Cai ha accettato è sbagliata la quota del mio bivacco, quella del campo di Compagnoni e Lacedelli, l'uso e la durata delle bombole di ossigeno, niente affatto esaurito prima dei duecento metri di dislivello sotto il K2, e l'ora in cui dettero l'assalto alla vetta. E tutto questo perché? Perché l'impresa oltre ad avere successo doveva essere anche eroica. Far vedere che gli italiani erano stati non solo bravi, ma anche straordinari. Ne abbiamo fatto una montagna di merda, coperta di menzogne, perfino la stampa straniera ci chiede "perché?". E tutto questo perché non riusciamo ad essere un paese pulito, dobbiamo strumentalizzare le occasioni, la verità, sporcare gli uomini. L' Italia è un paese di complici, dove non esiste solidarietà tra onesti, ma solo scambio tra diversi interessi, dove il sogno di Desio doveva restare immacolato. Dove solo io potevo essere infangato, disprezzato, accusato. Non solo, ma qualsiasi controversia non viene mai affrontata, si preferisce accantonarla, non prendere la responsabilità di una scelta. Mentre oggi agli idoli sportivi imbottiti di droga tutto viene perdonato perché sono l'immagine del paese. E se solo guardo quello che passa in tv mi viene schifo: quelle persone sull'isola, che si fanno riprendere, quella buffonata. Con quale rispetto verso i padri dell'avventura, verso chi ha cercato frontiere e parole nuove come Melville, Jack London e Stanley? Io sul K2 in una notte del '54 sono quasi morto, ma quello che mi ha ucciso è questo mezzo secolo di menzogna. Ho urlato così tanto quella notte nella mia disperazione che adesso non voglio avere più voce. La puzza del K2 la lascio a voi, io preferisco respirare [...].”
“La montagna mi ha insegnato a non barare, a essere onesto con me stesso e con quello che facevo. Se praticata in un certo modo è una scuola indubbiamente dura, a volte anche crudele, però sincera come non accade sempre nel quotidiano. Se io dunque traspongo questi princìpi nel mondo degli uomini, mi troverò immediatamente considerato un fesso e comunque verrò punito, perché non ho dato gomitate ma le ho soltanto ricevute. È davvero difficile conciliare queste diversità. Da qui l'importanza di fortificare l'animo, di scegliere che cosa si vuole essere. E, una volta scelta una direzione, di essere talmente forti da non soccombere alla tentazione di imboccare l'altra. Naturalmente il prezzo da pagare per rimanere fedele a questo «ordine» che ci si è dati è altissimo. Per quanto mi riguarda, il patrimonio spirituale che ne ho ricavato è proporzionale. “
“No, mi dicevo, non può essere bello un mondo dove le paure e gli entusiasmi spaventano i più, tesi come sono al risparmio di sé e dei propri sentimenti. “
“Quando si è molto giovani capita di non sapere bene chi si è e che cosa si vuole dalla vita. Indubbiamente però noi tutti disponiamo di un misterioso filo conduttore che prima o poi finirà per farci scegliere ciò che per indole è già latente in noi, e servirà a costruire la nostra personalità.“
“È dunque sognando a occhi aperti, io credo, che vivi intensamente; ed è ancora con l'immaginazione che puoi trovarti a competere persino con l'inattuabile. E qualche volta ne esci anche vincitore”.
“Non è forse vero che il volto più affascinante delle cose è proprio nel riflesso del sogno che le stesse cose sanno nutrire? Sono stati sempre quei grandi silenzi a sedurre la mia immaginazione.”
“Adesso più che mai sono convinto che la vita di un uomo abbia senso soltanto se vissuta in tutto quello che si ha dentro. Perché è lì, nella mente e nel sentimento, dunque nel principio vitale proprio dell'uomo, che vanno creati, e vissuti, i vari spazi.”
STEFANO BORGONOVO
STEFANO BORGONOVO
(Giussano, 10/03/1964 – Firenze, 27/06/2013)
SPORT:CALCIO
VALORE: AMORE PER LA VITA
Notizie biografiche (Testo tratto da http://www.campioninellavita.it/)
Le maglie più prestigiose indossate sono senza dubbio quella del Milan e quella della Nazionale italiana, la prima quella del Como, quella più amata probabilmente quella viola della Fiorentina, ma ancora le casacche di Sambenedettese, Pescara, Udinese e Brescia hanno regalato a Stefano Borgonovo l’emozione di 15 stagioni di calcio ai massimi livelli in Italia ma anche, nel periodo in rossonero, in Europa e nel mondo. Nella Fiorentina è vincente l’accoppiata con Roberto Baggio con il quale formava la l’attacco soprannominato “B2” ma con il Milan, nella Coppa Campioni del 1990, tornando in campo dopo una lunga convalescenza, si rivela fondamentale proprio nelle due partite di semifinale contro il Bayern Monaco: all’andata il Milan passa in casa per 1-0 con un rigore di Marco van Basten fischiato per un fallo su Stefano, al ritorno Borgonovo segna il gol in trasferta che, nonostante la sconfitta per 2-1, spinge il Milan verso la finale poi vinta, al Camp Nou, sullo Steaua. Bayern-Milan del 4 aprile 1990 è ritenuta, dai cultori del calcio, la partita più importante giocata dall’attaccante brianzolo, ma la partita più importante della sua vita Stefano la sta giocando dal 2005 quando una terribile malattia, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, comincia a privarlo rapidamente della voce, per poi rubargli la funzione degli arti e del corpo intero, ma non dell’anima. Stefano Borgonovo è un uomo che qualcuno definirebbe “prigioniero del suo corpo immobile” ma una definizione che da un quadro davvero poco adeguato per descrivere una persona che ogni giorno, da vero sportivo, guarda al futuro con ottimismo, lotta per l’amore della vita. Un amore che Stefano comunica attraverso un sistema oculare che gli permette di parlare, con una voce artificiale. E Stefano comunica la speranza, come in una intervista prepartita, dove dalle parole si evince il desiderio di vincere. Come quando gli hanno chiesto se voleva essere ventilato, se voleva vivere, ma vivere tutta la sua vita attaccato ad una macchina. “Se è si chiudi gli occhi” gli chiesero e Stefano non ha esitato, in un “si!” convinto che lo tiene, più determinato che mai attaccato alla vita, alla moglie, ai suoi quattro figli. Nel 2008 Stefano, uomo simbolo di una speranza che non muore mai, decide di utilizzare la sua immagine pubblica per promuovere iniziative di raccolta fondi e, con la sua famiglia, ha dato vita alla Fondazione Stefano Borgonovo Onlus, che sostiene la ricerca per vincere la SLA. Nel 2010 scrive ai ragazzi del Centro Sportivo Italiano e rivela che il gol più bello lo ha segnato proprio nel CSI, nel 1974, a 10 anni contro il Paina Calcio. Era un gol bellissimo, era il gol della bandiera, la rete dell’11 a 1. “oh ragazzi, era come se avessimo vinto” racconta e, paragonandolo a famoso gol di Monaco di Baviera, dice: “non c’è nessuna differenza cari amici, nelle emozioni non c’è nessuna differenza. L’unica differenza che ho notato è che non ricordiamo più i regali che l’infanzia ci ha regalato”. Ed allora è il caso di dire che Stefano Borgonovo è ancora un giocatore, perché un giocatore, per dirla alla De Gregori “Lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia”.
Aforismi:
“Io, se potessi, scenderei in campo adesso, su un prato o all’oratorio. Perché io amo il calcio”.
“La vita non si getta mai via... Non bisogna distruggere il bene più prezioso che abbiamo”.
“Non combatto solo per me, ma per tutte le generazioni future. Nessuno deve più morire per colpa della Stronza (La Sla ndr)”.
PIETRO MENNEA
PIETRO MENNEA
(Barletta, 28/06/1952 – Roma, 21/03/2013)
SPORT: CORSA VELOCE
VALORE: DEDIZIONE
Notizie biografiche (Testo tratto da http://www.campioninellavita.it/)
Cosa rende eccezionale un uomo che nella sua vita ha corso così veloce da raggiungere un Oro ai Giochi del Mediterraneo del 1971, un bronzo nel 1972 nei 200 metri alle Olimpiadi di Monaco, un primo posto nei 200 metri e nella staffetta 4x100 ai Campionati europei di Roma, bellissime vittorie agli Europei del 1978 nei 100 e nei 200 metri, nel 1979 un primato del mondo (che resisterà fino al 96) nei 200 metri delle Universiadi di Città del Messico e un fantastico oro olimpico a Mosca il 1980? Non queste straordinarie vittorie, potrebbe essere la risposta. perché Pietro Mennea abituato a vincere sui tartan di tutto il mondo ha scelto di vincere anche nella vita e ripete ai giovani che ancora oggi ama incontrare: “non è tanto importante il risultato sportivo, almeno non quanto il risultato umano.” Mennea, da sempre uomo e atleta ostinato, riconosce il merito dei suoi successi al sacrificio e alla determinazione profusi in allenamenti duri e rigorosi che, insieme al talento innato gli hanno consentito di competere sempre ai massimi livelli contro la potenza dei velocisti più forti al Mondo.. La determinazione di Mennea si è riscontrata anche nella vita avendo conseguito ben 4 lauree. Attualmente esercita la professione di avvocato e dottore commercialista ed è autore di 20 libri. Mennea è anche docente a contratto di Legislazione europea delle attività motorie e sportive presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione Motoria dell’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti - Pescara. Nel 2006 ha dato vita insieme alla moglie Manuela Olivieri alla “Fondazione Pietro Mennea”, Onlus con lo scopo primario di carattere filantropico, ossia effettuare donazioni costanti nel tempo ed assistenza sociale ad enti caritatevoli o di ricerca medico-scientifica, associazioni culturali e sportive, attraverso progetti specifici e concreti. Lo scopo secondario è di carattere culturale, e consiste nel diffondere lo sport ed i suoi valori, nonché promuovere la lotta al doping. Nel marzo del 2012 la città di Londra, nell’ambito delle iniziative connesse ai Giochi olimpici di Londra 2012 dedica all’ex atleta barlettano, una stazione della metropolitana. Prima dell’appuntamento olimpico londinese ha scritto ai membri del CIO un accorato, ma inascoltato, appello per spingerli a inserire nel programma dell’evento un giusto tributo, a quarant’anni dall’attentato, alle vittime del terrorismo dell’edizione di Monaco 1972.
Aforismi:
“Esiste un solo modo per sapere se si vincerà o si perderà: provarci”
“Mai considerare un fallimento come tale, ma come un’esperienza. Da uno dei miei più grandi fallimenti sono ripartito per costruire i 4 anni più belli della mia carriera”
“Lo sport è basato sul rispetto delle regole e sul principio della giustizia: vince il più bravo, quello più meritevole. Poi ci sono cose fondamentali dietro, come l’impegno, la dedizione, il sacrificio. Ma oggi lo sport deve assurgere al ruolo di insegnamento dei valori, in una società in cui i giovani non li perseguono. Nelle mie pubblicazioni, ho sempre detto che le scorciatoie non pagano”
“Senza cultura del lavoro, dell’onesta e della verità non puoi costruire nulla di importante. Onore, reputazione, rispetto delle regole e degli altri: ecco i miei valori”
“La vita è come una pista ad 8 corsie: possiamo lasciarne 7 a tutti gli altri, ma dobbiamo lottare perché una corsia sia libera. Cosa c’era di bello nello sport dei miei tempi? Noi sudavamo di più. Avevamo la cultura del lavoro”
PIERRE DE COUBERTIN
PIERRE DE COUBERTIN
(Parigi, 01/01/1863 – Ginevra, 02/09/1937)
SPORT: EDUCAZIONE
VALORE: SPORTIVITA’
Notizie biografiche:
Pierre de Frédy, pedagogista e storico francese, è conosciuto per essere stato il fondatore dei moderni Giochi olimpici. Per pubblicizzare il suo progetto, de Coubertin organizzò un congresso internazionale, il 23 giugno 1894 alla Sorbona di Parigi, dove annunciò per la prima volta l'idea di recuperare gli antichi giochi olimpici. Il congresso portò all'istituzione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), del quale de Coubertin divenne segretario generale. Il congresso inoltre decise che la prima olimpiade moderna si sarebbe svolta in Grecia, ad Atene. I primi Giochi si rivelarono un successo. Egli fu anche l'ideatore della bandiera olimpica e di uno sport, il pentathlon moderno. Fondò una associazione scout pluriconfessionale in Francia: gli Éclaireurs Français (EF) poi diventata gli Eclaireuses et Eclaireurs de France (EEF).
È stata istituita la medaglia Pierre de Coubertin: (nota anche come "Medaglia del Vero Spirito Sportivo") è un riconoscimento attribuito dal C.I.F.P. (Comitato Internazionale per il Fair Play), istituito appositamente nel 1963 dal Comitato Olimpico Internazionale, a quegli atleti che dimostrano uno spirito di sportività nei Giochi olimpici. Questa medaglia è considerata da molti atleti e spettatori come il più grande premio che un atleta possa ricevere, persino più grande di una medaglia d'oro. Il Comitato Olimpico Internazionale la considera la sua più alta onorificenza. Finora solo 14 atleti al mondo hanno avuto l'onore di tale assegnazione.
Aforismi:
“L’importante non è vincere, ma partecipare”
“Per ogni individuo, lo sport è una possibile fonte di miglioramento interiore.”
“Nel Giuramento olimpico, chiedo solo una cosa: la lealtà sportiva.”
“Lo sport deve essere patrimonio di tutti gli uomini e di tutte le classi sociali.”
“Lo Spirito Olimpico cerca di creare uno stile di vita basato sulla gioia dello sforzo, sul valore educativo del buon esempio e il rispetto universale dei principi etici fondamentali.”
“Il giorno in cui uno sportivo smetterà di pensare prima di tutto alla felicità che il suo sforzo gli procura e all'ebbrezza dell'equlibrio tra potenza e fisico che ne deriva, il giorno in cui lascerà che le considerazioni sulla vanità o sull'interesse prendano il sopravvento, in quel giorno i suoi ideali moriranno.”
“Possano la gioia e i buoni intenti amichevoli regnare, così che la Torcia Olimpica possa perseguire la sua via attraverso le ere, aumentando le comprensioni amichevoli tra le nazioni, per il bene di una umanità sempre più entusiasta, più coraggiosa e più pura.”
MUHAMMAD ALI'
MUHAMMAD ALI
(Louisville, 17 gennaio 1942 – Scottsdale, 3 giugno 2016)
SPORT: PUGILATO
VALORE: INTEGRITA’
Notizie biografiche (Testo tratto da http://biografieonline.it/biografia-muhammad-ali)
Quello che è considerato il più grande pugile di tutti i tempi, Cassius Clay alias Muhammad Ali (nome che ha adottato dopo essersi convertito alla religione islamica) è nato il 17 gennaio del 1942 a Louisville, Kentucky e ha iniziato a tirare di boxe per un caso fortuito, dopo essere capitato in una palestra mentre, bambino, era alla ricerca della sua bicicletta rubata. Iniziato alla boxe da un poliziotto di origini irlandesi, a soli dodici anni il futuro campione del mondo Cassius Marcellus Clay Jr. cominciò ben presto a raccogliere trionfi nelle categorie dilettantistiche. Campione olimpico a Roma nel 1960, si trovò però nel suo paese d'origine, gli Stati Uniti d'America, a combattere con un avversario ben più temibile di chiunque potesse incontrare sul ring: la segregazione razziale. Molto sensibile al problema e trascinato dal suo spirito battagliero ed indomito, Alì prese subito a cuore le tematiche che colpivano in prima persona i fratelli neri meno fortunati di lui. Proprio a causa di un episodio di razzismo il giovane pugile arriverà a gettare il proprio oro olimpico nelle acque del fiume Ohio (solo nel 1996 ad Atlanta il CIO - Comitato Olimpico Internazionale - gli riconsegnò una medaglia sostitutiva). Allenato da Angelo Dundee, Muhammad Ali arrivò al mondiale a ventidue anni battendo in sette riprese Sonny Liston. Fu in quel periodo che Cassius Clay cominciò a farsi conoscere anche per le sue dichiarazioni provocatorie e sopra le righe che ebbero l'inevitabile conseguenza di far parlare molto di lui. Cosa che forse non sarebbe comunque successa se Alì, grazie al suo enorme carisma anche mediatico, non avesse avuto una reale presa sul pubblico. In effetti il suo modo di essere, spavaldo fino ad arrivare alla spacconeria, era una notevole novità "spettacolare" per quei tempi, esercitando un fascino immediato sul pubblico, sempre più assetato, grazie a quel meccanismo, di notizie e di informazioni sulla sua attività. Immediatamente dopo aver conquistato la corona, Cassius Clay annunciò di essersi convertito all'Islam e di aver assunto il nome di Muhammad Ali. Da quell'istante cominciarono anche i suoi guai che culminarono nella chiamata alle armi nel 1966 dopo essere stato riformato quattro anni prima. Affermando di essere un "ministro della religione islamica" si definì "obiettore di coscienza" rifiutandosi di partire per il Vietnam ("Nessun Vietcong mi ha mai chiamato negro", dichiarò alla stampa per giustificare la propria decisione) e venne condannato da una giuria composta di soli bianchi a cinque anni di reclusione. Fu quello uno dei momenti più bui della vita del campione. Decise di ritirarsi e venne attaccato per il suo impegno nelle lotte condotte da Martin Luther King e Malcolm X. Poté tornare a combattere nel 1971 quando fu assolto grazie a una irregolarità nelle indagini svolte su di lui. Persa la sfida con Joe Frazier ai punti, riuscì a tornare campione del mondo AMB solo nel 1974 mettendo al tappeto George Foreman a Kinshasa, in un incontro passato alla storia e ad oggi ricordato sui manuali come uno dei più grandi eventi sportivi di sempre (celebrato fedelmente, dal film-documentario "Quando eravamo re"). Da quando però nel 1978 il giovane Larry Holmes lo sconfisse per K.O. tecnico all'11a ripresa, iniziò la parabola discendente di Muhammad Ali. Disputò il suo ultimo incontro nel 1981 e da allora iniziò a impegnarsi sempre più nella diffusione dell'Islam e nella ricerca della pace. Nel 1991 Muhammad Ali si recò a Bagdad per parlare personalmente con Saddam Hussein, allo scopo di evitare la guerra con gli Stati Uniti ormai alle porte. Colpito negli ultimi anni di vita dal terribile morbo di Parkinson, Muhammad Ali ha commosso l'opinione pubblica di tutto il mondo, turbata dal violento contrasto esistente fra le immagini esuberanti e piene di vita di un tempo e l'uomo sofferente e privato delle sue forze che si presentava ora al mondo. Alle Olimpiadi americane di Atlanta 1996, Muhammad Ali sorprese e allo stesso tempo commosse il mondo intero accendendo la fiamma olimpica che inaugurava i giochi: le immagini mostrarono ancora una volta gli evidenti segni dei tremori dovuti alla sua malattia. Il grande atleta, dotato di una forza di volontà e di un
carattere d'acciaio, non si fece moralmente sconfiggere dalla malattia che lo accompagnò per trent'anni e continuò a combattere le sue battaglie di pace, in difesa dei diritti civili, rimanendo sempre e comunque un simbolo per la popolazione di colore americana. Muhammad Ali si è spento il 3 giugno 2016 a Phoenix, all'età di 74 anni, ricoverato in ospedale a causa dell'aggravarsi delle sue condizioni. Laila Ali, la sua figlia maggiore ed ex campionessa di pugilato, poche ore prima della morte del padre ha scritto su Twitter: "Adoro questa foto di mio padre e mia figlia Sidney da piccola! Grazie per tutto il tuo amore e tutte le tue attenzioni. Sento il tuo amore e lo apprezzo".
Aforisma:
“Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un'opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre. Niente è impossibile.”
[Dopo la revoca del titolo mondiale dei pesi massimi per aver rifiutato di entrare nelle forze armate]: “Nessun vietnamita mi ha mai chiamato negro”
“La spiritualità è riconoscere la luce divina che è dentro di noi. Essa non appartiene a nessuna religione in particolare, ma appartiene a tutti”
MARCO SIMONCELLI
MARCO SIMONCELLI
(Cattolica, 10/01/1987 – Sepang, 23/10/2011)
SPORT: MOTOCICLISMO
VALORE: GIOVINEZZA / PASSIONE
Notizie biografiche (Testo tratto da https://www.fondazionemarcosimoncelli.it/marco)
"Sono nato a Cattolica il 20 gennaio 1987, ma ho sempre vissuto a Coriano, in provincia di Rimini. I miei genitori avevano una gelateria e mio babbo una grande passione per le moto e per le corse. Così la mia infanzia l'ho passata tra gelati e motori! A 4 anni per Natale i miei mi hanno regalato la mia prima motorina, una Suzuki 50 minicross. E così ho iniziato a sgasare nei campi intorno a casa. Con le minimoto sono andato le prime volte quando avevo più o meno 7 anni e a 9 ho corso la mia prima gara ufficiale di Campionato regionale. Fino a 13 anni ho girato con le minimoto costruite dal babbo di Mattia Pasini vincendo 2 Campionati Italiani, nel 1999 e nel 2000. Sempre nel 2000 ho provato per la prima volta una 125 da Gran Premio e l'anno seguente ho disputato il Trofeo Honda 125GPe il Campionato 125GP con il team di Massimo Matteoni in sella ad una Honda. Fu una stagione ricca di cadute nella prima parte, ma di ottimi risultati nella seconda. In classifica terminai 9° sia nel Trofeo che nell'Italiano. Nel 2002 a 15 anni ho disputato il Campionato Europeo 125sempre nel team Matteoni, ma questa volta con una Aprilia. Vinsi il Campionato debuttando allo stesso tempo nel Campionato del Mondo (Gran Premio della Repubblica Ceca), per sostituire il pilota Jaroslav Hules nelle ultime 5 gare. Nel 2003 ho partecipato alla mia prima stagione iridata completa, solito Team Matteoni e solita Aprilia 125. Terminai la stagione al 21° posto ed il miglior risultato fu un 4° nell'ultimo Gran Premio della stagione. Nel 2004 cambiai team, passando al team di Fiorenzo Caponera, e proprio in quell'anno feci la mia prima Pole Position vincendo la mia Prima Gara di campionato del Mondo. Eravamo a Jerez sotto un diluvio universale e per la prima volta l'inno italiano suonava per me. In quell'anno ci furono diversi alti e bassi e persi le ultime 2 gare per un infortunio. Finii 11° in classifica generale. Il 2005 è stato il mio ultimo anno in 125 e anche il migliore. In quell'anno vinsi una gara, terminai 6 volte sul podio e arrivai 5° in Classifica. Nel 2006 ci fu il passaggio in 250 con il Team Metis Gilera e con una moto ufficiale, fu una stagione difficile, piena di incomprensioni con il team ed il mio capotecnico. Chiusi la stagione 10° in generale con un sesto posto come miglior risultato. Per questo nel 2007 la Gilera mi tolse la moto ufficiale e mi assegnò una LE (una moto del 2005), i risultati non cambiarono molto dall'anno precedente ma la stagione fu nel complesso molto più positiva. Innanzitutto iniziai a lavorare con Aligi Deganello e alcuni dei ragazzi che ancora oggi dopo 5 anni fanno parte della mia squadra, oggi ho con loro un bellissimo rapporto. L'altra cosa buona fu che finalmente capimmo di avere un grande potenziale. Nel 2008 la Gilera mi riassegnò una LE (questa volta un po' più aggiornata) anziché la RSA ufficiale. La stagione partì di merda, con 2 zeri nelle prime 2 gare, ma nel Gran Premio del Portogallo conquistai la mia prima Pole ed il mio primo podio ed al Mugello nel GP di casa la mia prima vittoria nella quarto di litro. A metà stagione poiché ero in testa al Campionato la Gilera mi diede finalmente la RSA ufficiale e da lì le cose si misero molto bene. Conquistai in totale 7 Pole, 6 Vittorie e 12 podi e il Campionato del Mondo con una gara di anticipo. L'anno seguente decisi di restare nella classe intermedia per bissare il successo del 2008. Le premesse c'erano tutte, ma una settimana prima dell'inizio del Campionato mi ruppi lo scafoide mentre mi allenavo con la moto da cross. Oltre a non prendere parte al primo Gran Premio, quell'anno lì ne succedevano di ogni e tutte le volte che sembrava fossi tornato in corsa per il Campionato o cadevo o qualche guaio tecnico mi impediva di portare a termine la gara. Ciò nonostante arrivai a giocarmi il titolo all'ultima corsa... Valencia. Per vincere io dovevo fare primo e H. Aoyama 13°. Ci sarebbe voluto un miracolo, ma i giochi non erano ancora chiusi. Il risultato fu che lui arrivò 7° e io caddi mentre ero in testa. Perciò fine dei canditi! Morale della favola arrivai addirittura 3° in classifica, nonostante 6 vittorie e 10 podi.
Ah... nel 2009 ho anche partecipato al round italiano della superbike a Imola, per sostiure Nakano in sella all'Aprilia Superbike. Fu una grande giornata, cocnlusa con una caduta nella prima manche e un podio nella seconda. Quel giorno la gente sulle colline del circuito fece un gran tifo per me...lo ricordo ancora oggi fantastico!!! Il 2010 è stato l'anno del grande salto in MotoGP. Dopo tanti anni con il Gruppo Piaggio sono passato alla Honda nel team di Fausto Gresini. È stato un anno molto impegnativo e difficile, perché il livello della MotoGP è veramente alto. In più all'inizio io e la mia squadra (che mi ha seguito dalla 250) non avevamo esperienza e questo complicava ulteriormente le cose. Ma restando uniti e dando sempre il massimo siamo riusciti a fare una seconda parte di stagione sempre increscendo e arrivando a ridosso dei migliori. Alla fine sono arrivato 8° in generale ed ho ottenuto un 4° posto come miglior risultato (3° posto perso sul traguardo). Questo fino al 2010. Il 2011 stava finendo di scriverlo: ancora nel team di Fausto Gresini, con la stessa squadra di tecnici-amici, ma con una fornitura uguale a quella ufficiale del team HRC. Un anno contrastato, di perfezionamento, combattuto, a prenderci sempre più gusto a rivaleggiare con i primi, 6° in classifica generale con le soddisfazioni di 2 pole position e, finalmente, di 2 podi nella classe regina, 3° posto a Brno e 2° posto a Phillip Island, miglior risultato in carriera in MotoGP. Proprio a un passo dalla vittoria. Le sue battaglie ora diventano le nostre: dal podio più alto, ci sprona a non mollare mai, a dare tutto in questo progetto di solidarietà. In questa gara d'amore."Diobò ragazzi, dateci gas!"
Aforisma:
“Primo o ultimo non conta. L’importante è avere dato il meglio di sé in ogni singolo giro"
KIRK KILGOUR
KIRK KILGOUR
(Los Angeles, 28/12/1947 – Denver, 10/07/2002)
SPORT: PALLAVOLO
VALORE: FIDUCIA IN DIO
Notizie biografiche (Testo tratto da http://www.libertaepersona.org/wordpress/2017/03/il-coraggio-2724/)
Kirk Kilgour nasce a Los Angeles il 28 dicembre 1947. La sua carriera sportiva inizia durante gli anni di scuola e continua al College dove pratica atletica, baseball e basket. Più di tutto, però, riesce nella pallavolo, dove le sue capacità gli valgono, qualche anno più tardi, il soprannome di “Angelo biondo”, sia perché ha, sì, i capelli chiari, ma anche la capacità di saltare altissimo e di effettuare una battuta in salto davvero micidiale. Un ragazzone alto quasi due metri, giovane, con una carriera sportiva in rapida ascesa. Per sette anni è titolare della Nazionale Usa, con la quale nel 1972 partecipa alle Olimpiadi di Monaco. Nel 1973 arriva in Italia, ingaggiato dall’Ariccia Volley, che aveva da poco fatto il suo ingresso in serie A. Giusto un anno più tardi vince, con la sua formazione, lo scudetto del campionato italiano battendo la Panini di Modena, che all’epoca era la squadra favorita e, nell’autunno dello stesso anno, porta a casa l’incarico di assistente allenatore della Nazionale Italiana. Le cose non potrebbero andare meglio: successo, notorietà, ed un ruolo importante appena conquistato, se non fosse che, durante l’esecuzione di un esercizio al “cavallo”, gli capita di cadere malamente incastrando la testa tra due materassini. La diagnosi medica è delle peggiori, di quelle che lasciano senza fiato: lussazione cervicale con lesione al midollo spinale, ovvero: tetraplegia. È l’8 gennaio 1976 e, all’età di 29 anni appena compiuti, Kirk si ritrova totalmente e irreversibilmente paralizzato a braccia e gambe. Perduta per sempre la capacità di battere altissimo, di schiacciare con potenza grazie allo slancio delle sue gambe agili e forti, addio ai sogni di gloria e, quel che è peggio, alla libertà. L’“angelo” non volerà più, le “ali” sono andate per sempre, al loro posto quattro rotelle, quelle della carrozzella, che, se non inchiodano al suolo, conducono, comunque, definitivamente in basso, in uno stato di dipendenza, di bisogno d’aiuto in tutto. Kilgour non si scoraggia e riesce a trasformare quella carrozzella – una particolare sedia a rotelle che si muove con un congegno ad impulsi vocali, che lui chiamerà scherzosamente “macchina dei campi da golf” sulla quale “non pago neanche la tessera del Golf Club” – in una preziosa compagna di viaggio quando inizierà a girare il mondo, instancabile, nel nuovo ruolo di consulente sull’handicap e docente per corsi di motivazione (del resto è laureato in psicologia, quale occasione migliore per mettere a frutto gli anni di studio!). Una dedizione al mondo della disabilità preziosa, testimoniata, efficace proprio perché vissuta in prima persona che, anni dopo, gli varrà la consegna della Lettera Presidenziale di Merito per il servizio alla comunità. Poi c’è il volontariato negli ospedali, il ruolo di allenatore alla Pepperdine University (dal ’79 all’81), di vice-allenatore (nell’85) quando il College conquista il titolo Ncaa, di scrittore, di produttore e quello di commentatore sportivo, che gli consente di far carriera e di rivivere, nuovamente, l’emozione delle olimpiadi (Los Angeles, 1984), seppur in una veste diversa. Non ci è dato sapere dei momenti di scoraggiamento, della fatica quotidiana, del processo lento di accettazione, dei “perché”, anche della rabbia, che sicuramente ci saranno stati, quello che sappiamo è che Kirk Kilgour su quella sedia a rotelle ci è rimasto per 26 lunghissimi anni, fino al giorno della sua morte, avvenuta quando aveva 54 anni, per complicanze dovute a una polmonite. Non ha pensato, Kirk, che un uomo nelle sue condizioni potesse vivere un’esistenza indegna. Non ha usato energie e capacità (quelle che l’incidente gli ha lasciato) nella lotta per la legalizzazione di una “morte dolce” a cui accedere, ma le ha interamente spese a testimoniare l’inestimabile valore della vita anche quando diventa amara, perché gravemente compromessa nelle sue funzioni. Non ha creduto, Kirk, che “coraggioso” sarebbe stato un lancio nel vuoto per farla finita – l’aggettivo che i rovesciatori della verità hanno usato, ad esempio, per definire il suicidio del regista Monicelli -, ma ha mostrato al mondo, con la credibilità del testimone, qual è il significato di questa parola. Questo ci ha lasciato, Kirk, un’inestimabile testimonianza di che cos’è il coraggio… e una preghiera:
“Chiesi a Dio d’essere forte per eseguire progetti grandiosi:
Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà!
Domandai a Dio che mi desse la salute per realizzare grandi imprese:
Egli ha permesso il dolore per comprenderla meglio!
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto sperimentare la povertà perché non diventassi egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:
Egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro!
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita perché potessi apprezzare tutto!
Signore, non ho ricevuto niente di ciò che chiedevo:
però mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno, e quasi contro la mia volontà!
Le preghiere, in cui non chiesi nulla, furono esaudite!
Sii lodato, o mio Signore!
Fra tutti gli uomini nessuno possiede più di quello che io ho!”
Questa la preghiera che ha letto davanti a Giovanni Paolo II, in Piazza San Pietro, l’11 febbraio 2000 durante il Giubileo dell’Ammalato… e che ci fa capire qual è la fonte dalla quale Kirk ha attinto in tutti quegli anni… e non si tratta della psicologia che, presa da sola, rimane pur sempre insufficiente.
GINO BARTALI
GINO BARTALI
(Ponte a Ema, 18/07/1914 – Firenze, 05/05/2000)
SPORT: CICLISMO
VALORE: LEALTA’
Notizie biografiche (Testo tratto da http://www.campioninellavita.it/)
Gino Bartali è conosciuto soprattutto per la sua carriera da ciclista professionista sviluppatasi dal 1934 al 1954, anni nei quali vinse tre Giri d’Italia (1936, 1937, 1946) e due Tour de France (1938, 1948), oltre a numerose altre corse. Il rapporto stretto e leale con Fausto Coppi, con il quale accese anche epici duelli sportivi che divisero l’Italia nell’immediato dopoguerra, sono entrati prima nella storia e poi nella leggenda del ciclismo internazionale. Nonostante la sua carriera sportiva fu notevolmente condizionata dalla seconda guerra mondiale, sopraggiunta proprio nei suoi anni migliori, egli dimostra il suo straordinario valore umano proprio nel terribile conflitto. Seppure ci si riferisce a circostanze di cui lui stesso non amava parlare, risulta che Bartali, fra il settembre 1943 e il giugno 1944 si sia adoperato in favore dei rifugiati ebrei a sostegno di una rete di laici e religiosi tesa alla difesa della vita. Risultano numerosi i viaggi in bicicletta dalla stazione di Terontola-Cortona fino ad Assisi, per trasportare documenti e fototessere nascosti nel telaio, affinché una stamperia segreta potesse produrre atti necessari alla fuga di ebrei rifugiati. Questa attività di straordinaria carità cristiana ha messo più volte a rischio la sua incolumità e la sua libertà facendo di lui un eroe che muoveva i suoi gesti da incredibile spontaneità e senso del dovere. Il 25 aprile 2006 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha consegnato alla moglie, la Signora Adriana, la medaglia d’oro al valor civile per aver aiutato e salvato circa 800 ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Il 2 ottobre 2011, inoltre, Bartali è stato inserito tra i Giusti dell’Olocausto nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova per l’aiuto offerto agli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Da ricordare la sua vittoria al Tour de France 1948 che, a detta di molti storici, contribuì ad allentare il clima di tensione in Italia dopo l’attentato a Palmiro Togliatti. Bartali aveva una intima religiosità, sviluppata dall’adesione giovanile ad Azione Cattolica e quella successiva ai terziari carmelitani, che lo ha portato a compiere numerose azioni di solidarietà interpretando con la vita il Vangelo. Sono numerosi i documenti fotografici che testimoniano gli incontri pubblici di Gino Bartali con i Papi Pio XII, a Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e con Luigi Gedda Presidente di AC prima e del CSI poi. Bartali non amava che venisse alla luce il suo eccezionale lato umano «certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca» ripeteva spesso al figlio che ha reso noti numerosi aspetti della vita del grande atleta toscano solo dopo alcuni anni dalla sua morte.
Aforismi:
“Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca”
“Inutile affannarsi in vita dietro i soldi. Tanto l’ultimo vestito è sempre senza tasche”
“Se lo sport non è scuola di vita e non è solidarietà, non serve a niente”
“La liturgia non fa sempre Vangelo, come tutti sanno, e Starace non ha proprio inventato nulla offrendo strani paludamenti agli italiani. Anziché esibire pugnali (dal taglio falso) tu baciavi reliquie. E la difficile conciliazione della morale con la vita corrente era espressa dalla tua rabbia agonistica. Non la dolce rassegnazione del mistico, bensì la grinta dei santi guerrieri.” (Gianni Brera, “Sant’Ignazio nei garretti - Lettera a Gino Bartali")
ARTHUR ASHE
ARTHUR ASHE
(Richmond, 10/07/1943 – New York, 06/02/1993)
SPORT: TENNIS
VALORE: IMPEGNO SOCIALE
Notizie biografiche (Testo tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_Ashe)
Vincitore di tre tornei dello Slam, tra cui l'edizione del 1975 di Wimbledon, Ashe è anche ricordato per il suo grande contributo per il volontariato e l'aiuto dei bisognosi. Durante la giovane età Ashe era basso e poco coordinato. Ma da quando iniziò a frequentare la scuola si diede alla pratica di varie discipline sportive, tra le quali il tennis, la pallacanestro e il football americano. Nel tennis vinse il titolo statale, mentre nel football aiutò la sua squadra ad arrivare al titolo cittadino, giocando come Wide receiver. Ashe iniziò ad attirare l'attenzione degli appassionati di tennis dopo che vinse un premio tennistico a UCLA nel 1963; nello stesso anno divenne il primo afroamericano ad essere selezionato per giocare nella squadra statunitense in Coppa Davis. Nel 1965 Ashe vinse il titolo individuale NCAA e diede un importante contributo alla vittoria di UCLA del titolo a squadre NCAA. Con questa carriera universitaria costellata di successi, Ashe ascese facilmente ad essere considerato uno dei migliori giocatori dell'intero panorama mondiale, grazie anche al suo passaggio tra i professionisti nel 1969. A partire dal 1969 era opinione comune che Ashe fosse il miglior giocatore maschile statunitense. Egli vinse il primo Us Open dell'era open e aiutò gli Stati Uniti a vincere nello stesso anno la Coppa Davis. Dato che il tennis pro non stava ricevendo una importanza mediatica commensurabile alla crescente popolarità dello sport in generale, Ashe fu una delle figure chiave nella fondazione dell'Association of Tennis Professionals (ATP). In questo anno Ashe dovette superare un'altra prova, quando gli fu impedito dal governo di Johannesburg di giocare gli Open organizzati in Sudafrica. Ashe decise di usare questo caso internazionale per avviare una campagna di denuncia nei confronti dell'Apartheid arrivando a chiedere l'espulsione della federazione sudafricana dal circuito tennistico professionale. L'anno successivo aggiunse, nel frattempo, al suo palmarès un secondo titolo del Grande Slam, l'Australian Open. Nel 1975, dopo alcuni anni di risultati di non altissimo livello, Ashe giocò la migliore stagione della sua carriera, vincendo il torneo più prestigioso del mondo, Wimbledon, sconfiggendo inaspettatamente in finale Jimmy Connors. Rimane anche attualmente il solo giocatore nero ad aver vinto il singolare maschile a Wimbledon, all'US Open o all'Australian Open, e uno dei due tennisti neri ad aver vinto un torneo singolare maschile del Grande Slam insieme a Yannick Noah che vinse il Roland Garros nel 1983. Ashe giocò per altri anni, ma dopo essere stato colpito da un infarto nel 1979, si ritirò nel 1980. Dopo il suo ritiro Ashe assunse tanti altri compiti come scrivere per il TIME, fare il commentatore per la ABC Sport, fondare la National Junior Tennis League ed essere il capitano della squadra statunitense di Coppa Davis. Nel 1983 Ashe subì un secondo attacco di cuore. Senza la sorpresa di nessuno nel 1985 fu nominato nella Tennis Hall of Fame. La vita di Ashe subì una svolta tragica nel 1988 quando scoprì di aver contratto il virus HIV durante una trasfusione di sangue subita durante una delle due operazioni che subì al cuore. Lui e sua moglie mantennero segreta la notizia della malattia sino all'8 aprile 1992 quando USA Today riportò la notizia del suo grave stato di salute. Negli ultimi anni della sua vita Ashe prestò molta attenzione alla diffusione dell'AIDS nel mondo. Due mesi prima di morire fondò la Arthur Ashe Institute for Urban Health per aiutare le persone dotate di un'assicurazione medica insufficiente alla propria salute; questa fondazione fece sì che Ashe fosse nominato sportivo dell'anno dal magazine di Sports Illustrated. Spese anche buona parte dei suoi ultimi anni nello scrivere le sue memorie, Days of Grace, finendo il manoscritto soltanto una settimana prima della sua morte. Ashe morì per le complicazioni insorte in seguito all'AIDS il 6 febbraio 1993.
Aforismi:
“L'autentico eroismo è sicuramente sobrio, privo di drammi. Non è il bisogno di superare gli altri a qualunque costo, ma il bisogno di servire gli altri a qualunque costo.”
“Fu proprio l'atteggiamento di mio padre a farmi capire che l'affrancamento di noi neri non era venuto con la fine della guerra di secessione, né con le leggi successive. Era in corso. La mia trisavola era stata venduta per una balla di tabacco, mio nonno era stato meno libero di mio papà, che era meno libero di me, ma non se ne lagnava. Io sarei stato il primo nero ammesso in uno sport di bianchi.”
“I campioni sono quelli che vogliono lasciare il loro sport in condizioni migliori rispetto a quando hanno iniziato a praticarlo.”
“Il tennis è uno sport prevalentemente bianco e io provo che i neri lo possono fare altrettanto bene!”
“ [Dopo aver vinto gli US Open] Molto divertente, il colore della mia pelle non mi farebbe entrare come socio in 7 su 8 circoli dove gioco i miei incontri.”
“Non ho mai cercato di diventare una parte della società bianca. Bisogna dimenticare le barriere di nazionalità, di religione, di razza. Io sono americano, capitalista, ma amo il mondo.”
“Fino a che punto ho lanciato le mie crociate contro l'apartheid per liberarmi dal rimorso di non aver partecipato al movimento di Martin Luther King? Mentre il sangue dei miei fratelli neri scorreva nelle strade di Biloxi, Memphis e Birmingham, io giocavo a tennis, vestito dell'uniforme bianca immacolata, sferrando colpi eleganti sui campi levigati della California e dell'Europa.”
“Io sono cresciuto in un'epoca in cui i negri non parlavano, e ho evitato per tutta la mia vita ogni scontro con la legge... ma la segregazione mi ha impresso un marchio indelebile che si cancellerà soltanto con la morte.”
“L'Aids non è stato il peso più assillante della mia esistenza, lo è stato la mia negritudine.”
“Non ho mai usato droghe, non ho mai tradito mia moglie, non ho mai avuto rapporti omosessuali... ma non sono amaro, il mio destino non mi fa paura.”
“Non mi sono mai chiesto perché mi sia toccato l'Aids come non mi sono mai chiesto perché mi sia toccato vincere il torneo di Wimbledon: ho pensato che fosse la volontà di Dio.”
ABEBE BIKILA
ABEBE BIKILA
(Jato, 07/08/1932 – Addis Abeba, 25/10/1983)
SPORT: MARATONA
VALORE: RESILIENZA
Notizie biografiche (Testo tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Abebe_Bikila)
Agente di polizia e guardia del corpo personale dell'imperatore Hailé Selassié, Abebe Bikila era nato nel villaggio di Jato in Etiopia. Divenne un eroe nazionale dopo aver vinto la medaglia d'oro nella maratona olimpica del 1960. Ai Giochi della XVII Olimpiade, svoltisi a Roma, Bikila corse e vinse l'intera distanza della maratona correndo senza scarpe per una precisa scelta tecnica concordata con il suo allenatore, lo svedese (di origine finlandese) Onni Niskanen. Bikila divenne il simbolo dell'Africa che si liberava dal colonialismo europeo, conquistando la prima medaglia d'oro olimpica del continente africano. Quattro anni dopo Bikila si presentò alle Olimpiadi di Tokyo 1964 in condizioni di forma peggiori. Era stato operato di appendicite sei settimane prima della gara e non ebbe tempo sufficiente da dedicare agli allenamenti. Tuttavia, vinse nuovamente (gareggiando con le scarpe), stabilendo anche il miglior tempo mondiale sulla distanza. Bikila divenne il primo campione olimpico a bissare la vittoria nella maratona, impresa riuscita oltre a lui solo al tedesco orientale Waldemar Cierpinski. Ai Giochi olimpici estivi del 1968, tenutisi a Città del Messico, Bikila subì le conseguenze dell'altitudine, degli infortuni e dell'età. Fu costretto a ritirarsi dalla gara prima della fine. Nel 1969, Bikila stava guidando nei pressi di Addis Abeba quando ebbe un incidente, rimanendo paralizzato dalla vita in giù. Nonostante le cure e l'interesse internazionale non riuscì più a camminare. Pur impossibilitato nell'uso degli arti inferiori non perse la forza di continuare a gareggiare: nel tiro con l'arco, nel tennistavolo e perfino in una gara di corsa di slitte (in Norvegia). Partecipò inoltre alle paralimpiadi di Heidelberg nel 1972 nel tiro con l'arco. Morì l'anno successivo, all'età di 41 anni, per un'emorragia cerebrale. In suo onore è stato dedicato lo stadio nazionale di Addis Abeba. A testimonianza del grande significato simbolico delle imprese di Abebe Bikila, sulla sua lapide nel cimitero di Addis Abeba, dove è sepolto, le incisioni sono in tre lingue, amarico, italiano e giapponese. In diverse scene del film Il maratoneta (The Marathon Man), di John Schlesinger, Dustin Hoffman osserva il video di Bikila che corre e taglia il traguardo dello stadio olimpico, mentre sue foto sono appese alla parete. Nel 2009 è stato prodotto il film biografico L'atleta - Abebe Bikila diretto da Rasselas Lakew e Davey Frankel e lo stesso Rasselas Lakew nei panni di Bikila.
In suo onore si è costituito il comitato "Bikila 2010" per i festeggiamenti del cinquantenario dalla vittoria olimpica di Bikila a Roma 1960 mentre a Ladispoli, il 19 marzo 2010, è stato intitolato all'atleta un ponte pedonale. La città di Roma, il 10 settembre 2010, gli ha dedicato una targa in memoria del cinquantenario della vittoria, lungo il percorso olimpico di fronte all'ingresso del Palatino. Il vincitore della maratona di Roma 2010, Siraj Gena, per onorare i 50 anni dalla vittoria delle Olimpiadi del 1960, ha tagliato il traguardo senza scarpe
Ad Abebe Bikila si addice perfettamente questo aforisma di Emil Zatopek
“Un corridore deve correre con i sogni nel cuore, non con i soldi nel portafogli”
LA TERZA GRAFICA A "SIGNS"
Venerdì scorso la Terza grafica ha visitato "Signs", una mostra del design della comunicazione visiva italiana.
L'esposizione, aperta a Milano, ha l'obbiettivo di “fotografare” e raccontare i risultati e gli sviluppi più recenti del graphic design italiano contemporaneo attraverso i lavori di 24 tra i più interessanti progettisti italiani – dai nomi più affermati e autorevoli fino a quelli giovani e promettenti – ciascuno con il proprio mondo e la propria storia, diversi tra loro per formazione, età, cultura e linguaggi.
Un'esperienza di grande interesse culturale, in cui i nostri ragazzi si sono confrontati con la creatività grafica di più alto livello.
SECONDI AL "WOJTYLA"
Anche quest'anno non ce l'abbiamo fatta! Arrivati a San Siro per il terzo anno consecutivo, anche questa volta perdiamo la finale e non riusciamo ad agguantare il Trofeo Wojtyla.
Nonostante una partita in gran parte dominata, con almeno cinque chiare occasioni da gol, con due reti annullate in fuorigioco... perdiamo 1 a 0 con Milano don Bosco e rimandiamo la vittoria alla prossima occasione.
Come ha detto il prof Albiero (che essendo un grande uomo di sport è sempre onesto, anche intellettualmente) restituiamo i crediti con la fortuna che abbiamo sfruttato ai Quarti e in Semifinale...
Merito al Don Bosco e un enorme bravi! ai ragazzi che hanno fatto il loro meglio e ci sono andati davvero vicini.
(Mentre a San Siro si giocava per il Trofeo Wojtyla, al Centro i ragazzi di Terza e di Quarta sudavano - letteramente - sulla prova scritta di italiano, matematica e inglese, avvio degli esami di Qualifica e di Diploma).
ANDIAMO A SAN SIRO A GIOCARCI IL "TROFEO WOJTYLA"!
E anche quest'anno (è il terzo, consecutivo) andiamo a giocare a San Siro!
Battendo ai rigori la rappresentativa di Sesto san Giovanni e poi, in semifinale, la squadra della scuola Faes Argonne per 1 a 0 (gran gol di Messina!), i ragazzi di Arese si sono guadagnati l'accesso alla finale per il primo posto della X edizione del Trofeo san Karol Wojtyla. Finale che si giocherà giovedì 4 giugno allo stadio Giuseppe Meazza di Milano.
Ricordiamo che il Wojtyla è un torneo calcistico per squadre provenienti dalle scuole secondarie di primo e secondo grado della Lombardia, che coinvolge ragazzi nati tra il 1998 e il 2003 per un totale di 350 partecipanti.
Adesso non ci resta che vincerlo, finalmente!
TERZO POSTO AL TROFEO WOJTYLA
Nella straordinaria cornice dello stadio "Meazza" di San Siro in Milano, la squadra di calcio del CFP di Arese ha battuto 2 a 1 la rappresentativa di Sesto san Giovanni, guadagnando così il terzo posto nel Trofeo san Karol Wojtyla.
Gol di Barbato nel primo tempo e di Rasini, direttamente su punizione, nel secondo tempo.
Grande prestazione dei ragazzi schierati dal duo tecnico Pedrazzini-Albiero, con la supervisione spirituale di don Paolo e quella tecnico-organizzativa di Cirigliano.
Qualche intemperanza di troppo verso la fine, giusto per tenere alta la fama che ci precede, e un grandissimo tifo, qualche volta non proprio allineato alle regole del galateo ma nel suo insieme allegro e vivace.
Per la cronaca (e la sportività), il trofeo è andato al sant'Ambrogio di Milano, che dopo le sei pappine che ci ha regalato in semifinale (e bruciano ancora!) ha battuto 3 a 0 anche la squadra di Treviglio.
TSKW: BATTUTO CHIARI 8 A 0, SI VA A SAN SIRO!
E' iniziato il Trofeo Wojtyla 2014 e noi ci siamo già qualificati per San Siro!!!
Strardinaria vittoria, oggi, contro la casa salesiana di Chiari, annichiliti col roboante punteggio di otto a zero (8 a 0!!!): tripletta di Di Palma, due gol di Luyo e una marcatura a testa per Gatto, Iacolare e Giordano.
Adesso ci aspettano le semifinali: lunedì prossimo, ancora all'Arena "Gianni Brera" di Milano, contro il sant'Ambrogio di Milano (che ci ha battuti l'anno scorso). poi, domenica 25 maggio, tutti al Meazza di San Siro! Una finale l'abbiamo già guadagnata... vedremo se sarà di consolazione (per il terzo o il quarto posto) o quella vera, per un Trofeo che non abbiamo mai vinto (ma chissà...).
LA "CAMPESTRE" DELLE PRIME E DELLE SECONDE
Ormai è una tradizione che si ripete ogni anno: i ragazzi delle classe Prime e delle classi Seconde che si sfidano in una simpatica e combattuta Corsa campestre nei cortili e nel verde del Centro. Partenza di fianco al campo da calcio, davanti alla meccanica, giro in pineta e ritorno, da ripetersi due volte.
Qualcuno cammina, qualcun altro ride e scherza, qualcuno prende la cosa sul serio e si impegna dando il meglio di sè. Per tutti, senza distinzioni, alla fine c'è del tè caldo preparato dal settore Ristorazione.
Per la cronaca, la gara delle Seconde è stata vinta da David Esposito (2MUb, vedi foto sopra) davanti a Re e Perruna, mentre la gara delle Prime ha visto il trionfo di Luca Silva (1MU) davanti a Saldarini e Giordano (vedi foto sotto). Per le ragazze, Gaia Petri (GR1A) è risultata la prima classificata.
PRIME VITTORIE PER IL RUGBY
Debutto stagionale per le squadre di Rugby del Centro, giovedì 7 novembre, che al campo di Molinello ha sfidato le rappresentative dell'Ettore Conti di Milano.
Il bilancio, decisamente positivo, è di cinque vittorie su sei partite, con la selezione del 1996-97 che ha realizzato uno splendido 3 su 3. Se questo è l'inizio, l'anno non potrà che regalare grandi soddisfazioni al prof Albiero e ai suoi ragazzi!
SECONDO POSTO AL TROFEO WOJTYLA
Niente da fare: abbiamo perso 2 a 0 la finale con l'Istituto sant'Ambrogio di Milano e dobbiamo accontentarci del secondo posto al Trofeo Wojtyla, che fa incontrare calcisticamente tutte le scuole e i CFP salesiani della Lombardia e dell'Emilia Romagna.
E' comunque il massimo risultato storico mai raggiunto, e dunque non c'è da lamentarsi troppo. Peccato, perchè per gran parte della partita abbiamo condotto il gioco, soprattutto nella prima fase della gara. Ma alla fine i gol li hanno fatti gli altri, e non possiamo nemmeno recriminare su grandi occasioni da gol che non ci sono state.
Complimenti dunque al Sant'Ambrogio, ma anche un grosso "bravi!" a tutti i nostri ragazzi, che ci hanno provato fino alla fine e hanno sempre mantenuto un comportamento più che corretto. Bravi anche allo staff tecnico Cirigliano-Pedrazzini (con l'aiuto attivo di don Paolo) e alla nostra tifoseria, di gran lunga la più vivace della giornata.
Non ci resta che prepararci per vincere l'anno prossimo!
SIAMO IN FINALE AL WOJTYLA!
Finalmente ce l'abbiamo fatta! Domenica pomeriggio disputeremo (nientepopo' di meno che allo stadio Giuseppe Meazza di San Siro) la finale per il primo posto del trofeo Wojtyla, in cui si incontrano e si scontrano le diverse scuole salesiane.
Il grandioso risultato, che sinora non eravamo mai riusciti a raggiungere, lo ha ottenuto oggi pomeriggio la squadra del CFP all'Arena civica "Gianni Brera" di Milano: dopo aver pareggiato zero a zero contro l'Istituto salesiano di Treviglio ha vinto la semifinale ai calci di rigore. Per la cronaca, rete decisiva di Putaro!
Adesso tutti a San Siro domenica pomeriggio, a fare il tifo per i nostri ragazzi (che, ricordiamolo, rappresentano tutto il Centro).
L'esultanza della squadra dopo la vittoria
TROFEO WOJTYLA: BATTUTO CHIARI, SI VA AL "MEAZZA"
E' iniziato oggi, per la squadra del Centro, il Trofeo Wojtyla 2013, il torneo calcistico tra scuole salesiane che si caratterizza per lo svolgimento delle semifinali e della finale niente meno che nello stadio di San Siro.
Ed è iniziato nel migliore dei modi: abbiamo battuto il Centro di Chiari per 3 a 2, con doppietta di Putaro e gol decisivo di Iacolare.
Con questa vittoria siamo in semifinale, e dunque dovremmo esserci garantiti l'accesso al "Meazza". Il condizionale è dovuto al fatto che, per problemi organizzativi, quest'anno non è sicura la disponibilità del prestigioso stadio; ma confidiamo di poter srotolare i nostri striscioni e urlare i nostri cori sulle tribune di San Siro, per sostenere la squadra, arrivare in finale e...
(nella foto, la squadra oggi vittoriosa)
LA SQUADRA DI CALCIO VINCE 3 A 0 A SONDRIO
Trasferta a Sondrio, oggi, per la squadra di calcio del Centro che si sta preparando all'impegnativo e prestigioso Trofeo Wojtyla; che, ricordiamolo, prevede lo svolgimento delle semifinali e delle finali nientepopo'dimeno che allo stadio "Meazza" di Milano - San Siro.
Pizzoccheri per i prof (opppssss.... gli allenatori e gli accompagnatori) e aria fresca per i ragazzi. E poi in campo, contro la rappresentativa della locale casa salesiana: 3 a 0 netto e rotondo per noi. Gol di Rudy Ursu (MOB2), David Esposito (MU1B) e Marco Federico (GR2).
Speriamo che la prima uscita ufficiale sia di buon auspicio...
LA 1MUa VINCE IL TORNEO DI CALCIO A 5
Si è concluso martedì 26, penultimo giorno di scuola prima delle vacanze pasquali, il torneo di calcetto sul campo sintetico.
Grande vittoria della 1MUa!
Ma nuovi tornei e nuove sfide sono già pronti per gli ultimi due mesi di scuola (confidando che prima o poi arrivi anche la primavera), e con essi la possibilità di rivincita per tutte le altri classi.
CORSA CAMPESTRE 2012
Gli anni scorsi serviva (anche) come selezione interna in vista della gara provinciale dei giochi sportivi studenteschi; giochi che quest'anno sembrano non godere di alcuna sicurezza, e probabilmente non si disputeranno. Ma ci vuole ben altro per convincere il prof Albiero (e il suo nume tutelare don Paolo) a rinunciare a qualche iniziativa!
Così, martedì 11 dicembre si sono disputate due gare di corsa campestre, ciascuna con due giri che partivano dal rettilineo davanti alla meccanica, attraversavano la pineta, tornavano dai campi di calciooltre le aule e si concludevano col giro del campo principale.
Nella gara riservata agli allievi di seconda ha vinto Andrea Rebullotta (vedi foto), che ha così confermato e migliorato gli ottimi piazzamenti degli anni scorsi; dietro di lui Daniele Zucca e Roman Terekhov. Tra i ragazzi di prima ha invece trionfato Giuseppe Monaco (1ALb) davanti a Demaintas Re (1MOB).
A loro, ma anche a tutti i partecipanti che hanno dimostrato entusiasmo e disponibilità a lasciarsi coinvolgere, i complimenti di tutti (Ispettore salesiano compreso, che ha assistito alla partenza delle gare).
RICOMINCIA IL RUGBY!
Da ormai qualche anno il rugby è uno sport inserito a pieno titolo nelle attività collaterali del Centro di Formazione Professionale; così anche quest'anno sono iniziati gli allenamenti della squadra del Centro, che per molti ragazzi sono il primo contatto con questo sport così bello e affascinante.
Uno sport che affascina e diverte i nostri ragazzi, tanto che già venerdì, nella prima seduta, erano quasi in una trentina, di cui 18 allievi del primo anno. Ovviamente alla guida del prof Albiero, che quest'anno può sfoggiare un patentino da istruttore conseguito quest'estate, proprio per poter svolgere al meglio il suo compito con la palla ovale.
Venedì prossimo, al pomeriggio, il secondo appuntamento; e speriamo che i ragazzi (soprattutto i "primini") siano ancora di più!
2 A 0 A SAN SIRO: TERZI AL "WOJTYLA"
Grande prestazione della squadra di calcio del Centro che batte 2 a 0 l'Istituto san Benedetto di Parma e conquista il terzo posto nel trofeo Wojtyla!
E' il migliore risultato che Arese ottiene nella storia del "Wojtyla" ed è stato ottenuto grazie a un'ottima prova di tutti i ragazzi allenati dalla coppia Cirigliano-Pedrazzini (ma non si può dimenticare il contributo fornito da Albiero e don Paolo). Per la cronaca, i due gol sono stati segnati entrambi da Marco Federico della prima grafica; sempre per la cronaca, a pochi minuti dalla fine Villardita ha colpito una clamorosa traversa, ribadendo così la sua maledizione personale che gli impedisce di segnare a san Siro.
Perchè, per chi ancora non lo sapesse, la partita si è svolta allo stadio Giuseppe Meazza di san Siro! I ragazzi hanno così calpestato la celeberrima erbetta che normalmente viene calpestata da Ibra e Milito, e giocato davanti a tribune capaci di contenere settantamila persone.
Oggi le persone sugli spalti erano decisamente meno, ma anche lì abbiamo stravinto la partita del tifo.
6 A 1! SIAMO A SAN SIRO!!!
Straordinaria vittoria della squadra del Centro contro il Convitto salesiano di Sondrio nella seconda fase del Trofeo Karol Wojtyla: 6 a 1 e risultato mai in discussione, visto che il primo tempo si era chiuso già per 3 a 1.
Saranno state le nuove magliette biancazzurre, sarà stata la straordinaria cornice dell'Arena civica di Milano, sarà stato il tifo discreto ma convinto di don Paolo, saranno stati i ragazzi che stanno ottenendo risultati superiori alle aspettative... resta il fatto che siamo in semifinale (lunedì 21 maggio, ancora all'Arena) e che comunque vada ci siamo guadagnati una partita a San Siro il 22!
Ma a questo punto il nostro obbiettivo non può che essere la vittoria finale: forza ragazzi!
1° TROFEO "DON VITTORIO CHIARI"
Venerdì 4 maggio 2012 il Centro Salesiano di Arese ha fatto da cornice al 1° torneo di calcio dedicato a don Vittorio Chiari, grande salesiano, mancato l’11 febbraio 2011, già Catechista e Direttore del Centro. Un momento semplice, organizzato dai Catechisti don Cristiano, don Paolo e don Lucio che ha coinvolto i ragazzi delle comunità con due rappresentative, una squadra del CNOS-FAP e un gruppo di ragazzi dell’Oratorio Salesiano di Vigliano Biellese, accompagnati da Luca Indraccolo, chierico alla Crocetta che a Vigliano svolge il suo apostolato del fine settimana. Ha vinto la competizione la squadra del CFP – già formata e ben allenata anche in vista dei prossimi impegni del Trofeo Wojtyla – che ha alzato la coppa su cui il volto di don Vittorio era ben visibile, con il suo solito sorriso da implacabile ottimista. Si è trattato di un primo evento di tipo sportivo in onore di don Vittorio a cui in futuro potrebbero seguire altre edizioni, magari aperte ad altre squadre o ad altre discipline, che va comunque ad aggiungersi alle tante iniziative culturali che hanno impegnato la casa di Arese, i Barabba’s Clowns e la cittadinanza tutta per ricordare don Chiari, specialmente nel mese di febbraio, ormai a un anno dalla morte. Perché anche così il suo sogno, che poi è quello di don Bosco, possa continuare, portato avanti da tutti coloro che lui ha amato e a cui ha insegnato ad amare: confratelli, laici e ragazzi.
INIZIA (E GIA' FINISCE) IL CALCIO A 5
Debutto della squadra di calcio a 5 nei campionati studenteschi... e brusca eliminazione dal torneo per una pesante, doppia sconfitta.
Nel triangolare col Liceo Falcone e Borsellino di Arese e con l'IPSIA Puecher di Rho i ragazzi di Arese hanno perso rispettivamente per 4 a 1 e per 5 a 2. Nonostante i mugugni dei giocatori, due risultati troppo netti per lasciare spazio a recriminazioni: del resto, anche l'andamento delle partite ha evidenziato un divario tra le squadre difficilmente colmabile.
"Bisogna saper perdere", cantava quello molti e molti anni fa; portiamo a casa questa lezione e cerchiamo di farne tesoro (anche in vista del torneo a undici).
Per la cronaca, il triangolare è stato vinto dal Falcone e Borsellino: ai liceali i nostri sinceri e onesti complimenti.
CAMPESTRE, CALCIO E BASKET: SEMPRE PIU' SPORT
Ricca settimana di sport, quella che si è appena conclusa al Centro!
Giovedì 1 dicembre si è svolta la gara di cross (o, se preferite, di corsa campestre) valida per i Campionati studenteschi provinciali: buon risultato della nostra rappresentativa che si è classificata al quinto posto assoluto, con un pregevole sesto posto della punta di diamante Cangelosi (Mob2). Peccato solo che alla finale regionale si classificassero solamente le prime tre squadre.
Venerdì 2 dicembre, poi, sono iniziati anche gli allenamenti delle squadre di calcio e (novità assoluta!) di basket, alla guida rispettivamente della coppia di prof Cirigliano-Pedrazzini e dell'esperto cestista prof. Beretta. Continueranno per tutti i venerdì pomeriggio insieme agli allenamenti di rugby, così da arrivare pronti e preparati alle sfide e ai tornei; e la prima partita di calcio, ancora amichevole, è prevista già tra poche settimane!
Ricordiamo che è ancora possibile partecipare a tutte queste attività sportive: chi volesse iniziare uno degli sport faccia riferimento al prof Albiero e a don Paolo.
nella foto: la squadra di cross del Centro col prof Albiero
CORSA CAMPESTRE:QUALIFICATI AI PROVINCIALI
La squadra di corsa campestre del Centro si è qualificata alla finale provinciale, sotto l'attenta preparazione del prof. Albiero e il tifo appassionato di don Paolo!
La gara distrettuale, svoltasi nei giorni scorsi, ci ha visti classificarci al terzo posto, conquistando così l'accesso ai provinciali che si disputeranno il prossimo 2 dicembre all'idroscalo di Milano.
Tra le prestazioni dei singoli vanno segnalate lo splendido secondo posto assoluto di Francesco Cangelosi (MOB2), che già aveva vinto la selezione al Centro) e le gare di Graziano Filippini (EL1B) e di Andrea Rubullotta (1MU), entrambi piazzatisi intorno alla trentesima posizione.
Adesso ai provinciali, e si può fare ancora meglio.
CORSA CAMPESTRE: SELEZIONE PER I CAMPIONATI
Le attività sportive che affiancano l'attività formativa del CFP stanno entrando nel vivo! Dopo l'avvio dei tornei d'autunno e l'inizio degli allenamenti delle squadre di rugby, è stata la volta della corsa campestre, selezione per la gara valida per i campionati sportivi studenteschi in programma giovedì 17 novembre.
Così, sotto una pioggia battente e un tempo da lupi, venerdì scorso il prof Albiero ha riunito i ragazzi che avevano ottenuto i migliori risultati al test di Cooper. Francesco Cangelosi (MOB2) ha ribadito la propria supremazia e, come già nella Festa della scuola dello scorso anno, si è aggiudicato la gara. Dietro di lui, sul podio, Andrea Rubullotta (1MU) e Graziano Filippini (EL1B).
Menzione speciale a Davide Mezzenzana (MOB1), che si è piazzato solo sesto ma ha dimostrato un impegno e una volontà davvero eccezionali!
RUGBY: SI RICOMINCIA!
L'anno scorso è stato un clamoroso successo!
Non solo per la vittoria ai campionati provinciali sudenteschi (e il secondo posto ai regionali), ma soprattutto per l'entusiasmo che ha suscitato nei ragazzi, per l'aumentata amicizia tra loro, per il senso di appartenenza al Centro.
Ovviamente stiamo parlando del Rugby! Per questo sport straordinario, il Centro salesiano di Arese si è costituito formalmente come società sportiva studentesca, riconosciuta dalla Federazione Italiana Rugby e dall'Ufficio scolastico regionale, e proprio ieri sono iniziati gli allenamenti della nuova stagione (oppss... del nuovo anno scolastico).
Sotto la guida attenta di due giovani allenatori/istruttori del Rugby Rho (che è la nostra società tutor) e con il coordinamento del prof Marco Albiero, una ventina di ragazzi e cinque ragazze hanno iniziato a prepararsi alle sfide che li attenderanno nei prossimi mesi. Ma, soprattutto, si sono divertiti con una palla ovale, e hanno imparato che si può andare avanti solo guardando a chi sta indietro, che deve esserci ordine anche in una mischia, che il gioco dev'essere duro ma corretto, che si placca ma non si picchia.
Qui sotto la foto di gruppo con tutti i partecipanti al primo allenamento.
Tra loro, qualcuno ha incontrato per la prima volta il rugby; qualcun altro è ormai un giocatore esperto e ha saputo coinvolgere i "nuovi" con grande entusiasmo (bravi nonni!).
Venerdì prossimo alle 14 si ripete, e così per tutti i venerdì di quest'anno. Aspettiamo tutti i ragazzi che hanno aderito all'iniziativa e che per questioni organizzative non sono riusciti a esserci al primo allenamento e tutti gli altri che vorranno farsi coinvolgere da questa splendida iniziativa.
A PARABIAGO LA FESTA DEL RUGBY SCOLASTICO
Martedì 7 giugno 2011 grande festa a Parabiago per i ragazzi delle scuole del Liceo Pantani, del Liceo Galielei, del Liceo Dell'Acqua e del Centro Salesiano Arese che durante l'anno hanno giocato a Rugby: maschi e femmine, anni dalla prima alla quinta superiore; un'organizzazione perfetta a cura della prof.ssa Mischis e del Parabiago Rugby, una mattinata conclusa tutti insieme in un terzo tempo a base di pasta e panino con la salamella. Per i ragazzi di Arese l'appuntamento di martedì è stata l'ultima trasferta di un anno appassionante di Rugby, che ha coinvolto in totale oltre cento allievi e che si rinnoverà anche l'anno prossimo come proposta educativa di alto livello marchiata Salesiani Arese.
LA SQUADRA DEI SALESIANI DI ARESE GIOCA A SAN SIRO
NAZIONALI SCOLASTICI DI RUGBY A JESOLO: IL CENTRO C’È
Il 20 e 21 maggio scorsi a Jesolo e a San Donà di Piave la Federazione Italiana Rugby ha organizzato i Campionati Nazionali delle Scuole di Rugby coinvolgendo in tutto il nord Italia quasi 3000 ragazzi e bambini dall’Under 11 (elementari) all’Under 16 (scuole superiori maschili e femminili): un evento spettacolare che iniziava sulle spiagge di Jesolo il venerdì pomeriggio e si concludeva nello Stadio del San Donà il giorno dopo in seguito ad oltre quattro ore di Rugby su otto campi in contemporanea. La squadra del Centro Salesiano di Arese, già campione provinciale delle scuole e seconda tra tutti gli Istituti lombardi, ha partecipato nella categoria Under 16 maschile con 20 allievi raggiungendo il podio come terzi classificati, perdendo solo una partita contro i vincitori del torneo, l’ITIS Avogrado di Torino. Un’esperienza di gruppo notevole che ha rafforzato i legami tra i partecipanti ed è stata il giusto esito di un anno al Centro dove l’attività sportiva – soprattutto il Rugby – ha aiutato a vivere meglio le ore di scuola in aula e in laboratorio, con l’obiettivo chiaro di “fare insieme meta” a Rugby, a scuola e nella vita. Infine è da segnalare il gemellaggio nato sul pullman dell’andata e del ritorno con i bambini della scuola elementare di Cogliate (MB), i piccoli “scorpioni” che i ragazzi di Arese hanno avuto compagni di viaggio che nel torneo della loro categoria si sono piazzati come prima scuola elementare lombarda.
RUGBY AL CENTRO: OSPITI I RAGAZZI DI SESTO
Ieri mattina sono arrivati a Molino Dorino alle ore 11.00, dopo mezzora era già al Centro: 14 ragazzi dei Salesiani di Sesto San Giovanni e il loro professore, Marco Barlassina, "i fratelli maggiori" - in quanto la casa della Rondinella è stata fondata come quella di Arese sempre dal grande Don Della Torre. Dopo un breve giro nei laboratori in visita al Centro, pranzo presso il Settore Alimentare-Ristorazione, dove gli allievi della 1AL(a) hanno dato spettacolo preparando delle portate davvero ben fatte. Alle 14.00 tutti in campo: 2 squadre di Sesto e 2 di Arese sotto la supervisione tecnico-sportiva di Alfio Lusuardi. Uno scambio interessante: domina Sesto, ma Arese ha la scusa che "i più forti sono in tirocinio", vince in realtà il Rugby, grande divertimento, sotto un sol-leone e si conclude il bel pomeriggio con un gelato come in un vero tezo tempo. I ragazzi del Rugby di Arese settimana prossima avranno davanti due appuntamenti importanti: giovedì una sfida amichevole contro una squadra de Lagrange di Milano e soprattutto sabato e domenica a Jesolo i Campionati Nazionali delle Scuole. Quella di ieri è stata comunque una prova importante e un incontro che andrebbe ripetuto più spesso tra case salesiane così vicine, dove lo sport diventa un nuovo cortile dove don Bosco non sarebbe mancato! |
A SAN SIRO IL 23 MAGGIO CONTRO IL SANT'AMBROGIO
Torna anche al Wojtyla "l'antico avversario" del Sant'Ambrogio di Milano. Il 23 maggio, alle ore 17.00, sul campo dell'Inter e del Milan la squadra del Centro scenderà in campo per la finale 3°-4° posto del torneo delle scuole salesiane di Lombardia ed Emilia. La notizia è ufficiale da oggi pomeriggio quando all'Arena Civica si sono giocate le semifinali, che tra l'altro hanno visto i ragazzi di Arese perdere per una rete a zero e concludere la partita in 9 dopo due giuste espulsioni contro la squadra del Don Bosco di Milano. Per l'occasione, come tre anni fa, la Direzione invita allievi, exallievi, professori, educatori, amici e genitori a partecipare. In allegato la Circolare ufficiale che presenta le modalità pratiche per non perdersi questo evento!
TROFEO WOJTYLA - ARESE PASSA E SI VA A SAN SIRO
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Il Trofeo di calcio in onore di Papa Giovanni Paolo II ha visto giovedì 5/5 la qualificazione alle semifinali delle squadre dei Salesiani di Milano Sant'Ambrogio e dei Salesiani di Arese. Il giorno prima erano passate le squadre dei Salesiani di Milano Don Bosco e quella dei Salesiani di Treviglio. In particolare la partita contro la squadra dei Salesiani di Brescia che ha sostenuto la rappresentativa del Centro non si può collocare tra le migliori giocate quest'anno e si è conclusa ai rigori. Solo una scorrettezza dell'altra squadra ha concesso la vittoria a tavolino della squadra del Centro che martedì alle 15.00 dovrà giocarsi il passaggio successivo (alla finale primo/secondo posto o a quella terzo/quarto) contro i ragazzi dei Salesiani di Milano. La notizia importante è comunque quella che il 23 maggio entrambi le finali si giocheranno a San Siro! E come tre anni fa il primo anello rosso sarà a disposizione dei tifosi. Non mancheremo!!! Qui tutte le foto. |
MILANO SIAMO NOI (RUGBY) - SOLO IL BRESCIA CI FERMA
Il 5 maggio oltre 500 ragazzi delle Medie e delle Superiori di Lombardie si sono ritrovati a Monza per la fase regionale dei Giochi Sportivi Studenteschi, specialità Rugby a 7. Il Centro Salesiano Arese, dopo aver conquistato il titolo di campioni provinciali qualche settimana fa, ha rappresentato tutte le scuole di Milano con la sua squadra di categoria Under 16 (Allievi, 1995-1996). Nel girone il sorteggio li ha fatti scontrare contro Bergamo, Varese e Mantova. Vittorie quasi tutte sudate, un bel vedere i giocatori in campo e tanto divertimento. La finalissima alle ore 12.30: IPIA Giordani dei Salesiani di Arese contro l'ITAS Pastori di Brescia. Vincono gli studenti dell'Istituto Agrario dando davvero una bela lezione di Rugby. Terzo tempo tutti insieme, nella Club House del Monza Rugby, le premiazioni e nel pomeriggio tutta la squadra di Rugby ha raggiungo l'Arena per fare il tifo ai "colleghi" del calcio impegnati per la prima partita del Trofeo Wojtyla. Il trofeo del secondo posto è ora custodito nell'ufficio del Catechista Delegato don Luca, nonché allenatore del team che si è detto stracontento del risultato e già pensa ai Nazionali di Jesolo del 20-21 maggio 2011. Qui tutte le foto! |
OBIETTIVO SAN SIRO E REGIONALI DI RUGBY
Due brevi filmati dal canale YouTube del Centro - www.youtube.come/centrosalesianoarese - in preparazione ai due attesissimi eventi sportivi di giovedì 5 maggio 2011: la fase regionale a Monza del campionato delle scuole e la prima partitita del Trofeo Wojtyla 2011!
IL 5 MAGGIO ALL'ARENA LA PRIMA DEL WOJTYLA 2011
Alle ore 16.00 di giovedì 5 maggio 2011, sul campo dell'Arena Civica di Milano, si apre anche per il Centro Salesiano di Arese il torneo delle scuole salesiane di Lombardia ed Emilia giunto ormai alla sesta edizione, evento organizzato e vissuto in memoria del Beato Papa Giovanni Paolo II, grande amico dello sport e degli sportivi. La squadra allenata da Cirigliano affronterà la rappresentativa dei Salesiani di Brescia per qualificarsi alle semifinali e giocare a San Siro, vero premio di questo torneo. Lo spirito che anima questo evento si ispira alle stesse parole di Karol Wojtyla pronunciate in occasione del Giubileo degli Sportivi, che “sono chiamati a fare dello sport un’occasione di incontro e di dialogo, al di là di ogni barriera di lingua, di razza, di cultura”, nella consapevolezza che “lo sport può recare un valido apporto alla pacifica intesa fra i popoli e contribuire all’affermarsi nel mondo della nuova civiltà dell’amore”. Il regolamento, il calendario e i comunicati ufficiali sono già disponibili sul sito www.mgslombardiaemilia.it dove verranno pubblicati in tempo reale anche i risultati, le classifiche e le foto delle partite. Il blog “Quello Sportivo” di www.salesianiarese.it e la pagina ufficiale www.facebook.com/salesianiarese/ racconteranno invece l’avventura della squadra del Centro Salesiano di Arese che già sogna di poter giocare a San Siro la finale. L’evento ha già anche un profilo su Facebook che attende tanti “Mi piace”. Per trovarlo basta inserire come chiave di ricerca: “Trofeo Karol Wojtyla”.
SU YOUTUBE LA VITTORIA DEI SALESIANI A RUGBY
La stupenda giornata di sabato 16 aprile che ha visto il Centro Salesiano di Arese arrivare fino al primo posto dei Giochi Sportivi Studenteschi di Rugby è ora un video tutto da vedere!!!
I MECCANICI MACCHINE UTENSILI VINCONO IL TORNEO DEI SETTORI
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Oggi nella seconda parte della mattinata si è giocata al Centro la finale del Torneo dei Settori 2011 tra le rappresentative dei Meccanici Macchine Utensili e degli Elettricisti. Una partita equilibrata, finita con un pareggio: 3 a 3. Tuttavia la classifica vedeva in testa la squadra del Settore Meccanico che precedentemente aveva battuto gli Aiutocuochi contro cui invece gli Elettricisti avevano pareggiato. Il triplice fischio ha quindi sancito la vittoria dei Meccanici che dopo due anni riportano nei loro Laboratori il Trofeo dei Settori, che danni al Centro è conteso tra le squadre di calcio degli allievi. Si conclude così l'edizione 2011 che rispetto agli scorsi anni si è giocata in manierà più snella e lineare, senza potrarsi troppo verso la fine dell'anno. Un grazie a tutti coloro che hanno partecipato e organizzato anche questo torneo! |
CAMPIONI PROVINCIALI DI RUGBY - SCUOLE DI MILANO
IL CENTRO AL TORNEO DELLA CONSULTA STUDENTESCA
Lunedì il Centro Salesiano di Arese ha partecipato ad assieme altre 19 scuole della provincia di Milano al Torneo della Consulta degli Studenti. Un evento che si è svolto secondo un programma ben organizzato, con quattro gironi di 5 scuole ciascuno. Sui campi del Centro Vismara si sono quindi confrontati gli studenti più appassionati di calcio dando un vero e proprio spettacolo di sport sano e corretto. La nostra squadra, guidata come sempre dai professori Cirigliano e Pedrazzini ha vissuto così l'ultimo appuntamento ufficiale prima del 5 maggio, giorno in cui si svolgerà la prima partita del Trofeo Wojtyla, all'Arena Civica, contro i Salesiani di Brescia. Obiettivo: San Siro!!!
MERCOLEDI' 20 LA FINALE DEL TORNEO DEI SETTORI
Mercoledì 20, ultimo giorno prima delle vacanze di Pasqua 2011, alle ore 11.30 tutti in cortile per assistere alla finalissima tra le rappresentative dei Settori Elettro e Meccanico Macchine Utensili che sono arrivati fino al vertice della competizione più attesa dell'anno, il Torneo dei Settori. La classifica le vede al primo e al secondo posto - per gli Elettro condiviso con il Settore Alimentare-Ristorazione, la vera sorpresa del Torneo, che nelle fasi eliminatorie aveva battuto i Grafici.
IERI LA SQUADRA DI CALCIO A SONDRIO: UNA BELLA GIORNATA
Grande giornata ieri a Sondrio per i ragazzi della squadra del Centro di calcio a 11, "i soliti noti" più le aggiunte dei fuori quota '93 Andrenucci (2MU), Caruggi (2MA) e Dell'Avo (3B IPIA). Una vittoria simbolica di 5 a 3 sulla squadra del Convitto dei Salesiani, che si sono distinti per la calorosa accoglienza anche a base di pizzoccheri caserecci. Un'uscita "premio" dopo la bella avventura del campionato scolastico provinciale conclusosi lunedì scorso con una sconfitta ai rigori molto molto amara. Accompagnatore d'eccezione Candido che ha ritrovato il grande don Achille Minozzi, già economo etc. ad Arese qualche anno fa, che ringraziamo per averci accolto a Sondrio!!!
RUGBY CONTRO IL GALILEI: CHE POMERIGGIO OGGI AL CENTRO!!!
I SALESIANI DI ARESE SECONDA SCUOLA DI MILANO - CALCIO A 11
Un partitone quello giocato oggi dai ragazzi di Cirigliano del Centro Salesiano di Arese sui campi del Centro Vismara di Milano. Un avversario temibile, l'IIS Mattei di San Donato, che ha avuto la meglio soltanto ai rigori. Tanto entusiasmo in campo e fuori: oltre un centinaio i tifosi accorsi con due pullman accompagnati da professori ed educatori!!! Un buon risultato quindi, considerando che è la prima volta che si partecipa a competizioni di questo tipo. Ed ora testa e gambe a San Siro: mercoledì 30, a Sondrio, l'amichevole, la prima, del Trofeo Wojtyla 2011, il torneo delle scuole salesiane di Lombardia ed Emilia!!!! Infine un grazie a tutti coloro che hanno permesso questo campionato: i coordinatori dell'Ufficio Scolastico, in particolare Emilia Golzi, tutte le scuole contro cui abbiamo giocato (Mattei, Moreschi, Galvani, Alessandrini, Cattaneo, etc.), agli allenatori (Cirigliano, Ripamonti, Pedrazzini)!!!
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